CHIESA DI SAN DOMENICO MAGGIORE, UNA STORIA LUNGA OTTO SECOLI
CHIESA DI SAN DOMENICO MAGGIORE, UNA STORIA LUNGA OTTO SECOLI
Piazza san Domenico Maggiore
La chiesa di san Domenico Maggiore è frutto di una secolare stratificazione che, tra terremoti, guerre e carestie, è possibile leggere tra i suoi diversi stili architettonici e artistici. Il complesso ingloba l’antica chiesa di Sant’Arcangelo a Morfisa che risale al X secolo dove vi officiavano i monaci basiliani mentre nel 1231 il convento passa ai domenicani. Qui nel 1272 San Tommaso d’Aquino fonderà la facoltà di teologia. Nel convento si conserva ancora la sua cella, decorata in età barocca e recante sull’ingresso un busto del santo. Sarà Carlo II d’Angiò a dare inizio alla costruzione della basilica i cui lavori si protrarranno fino al 1324. La chiesa ricalca un impianto simile a quello di altre chiese angioine di Napoli; presenta tre navate con cappelle laterali aperte , ampio transetto e una profonda abside poligonale.
Ingresso dellachiesa da vico san Dommenico
Il terremoto del 1456 e l’incendio del 1506 produrranno diverse modifiche all’interno del complesso, tra queste la risistemazione della biblioteca. Saranno soprattutto le cappelle a subire numerosi interventi. Le grandi famiglie napoletane assegnatarie, infatti, apportarono nel corso del tempo sostanziali modifiche come per le due cappelle simmetriche, quella dei Carafa di santa Severina e dei Muscettola, che causarono le chiusure delle due porte d’accesso minori della chiesa e tra le quali sarà costruito il portico settecentesco. Guardando la facciata d’ingresso non si può non notare la presenza di tutti gli stili che fanno parte della stratificazione della chiesa. La cappella dei Carafa, oltre per i suoi richiami artistici rinascimentali, è famosa perché è legata al nome di Giordano Bruno che qui era solito meditare. Il filosofo nolano entrò nell’ordine dei domenicani nel 1565 per rimanerci fino al 1576; qui maturò gran parte delle sue teorie. Tra i filosofi che furono ospitati nel convento bisogna ricordare inoltre Tommaso Campanella. Degna di nota è la cappella posta presso l’altare che per volere del vescovo di Ariano creò da questa un affaccio sulla piazza, che si può vedere nel bel balcone marmoreo arricchito dagli stemmi dei Carafa. Da quel momento si susseguiranno una serie di lavori che cambieranno il rapporto e lo spazio tra la chiesa e la piazza. Infatti la cripta risistemata si aprì direttamente sulla piazza divenendo l’effettivo vestibolo della chiesa. Il ribaltamento dell’asse d’ingresso era già stato pensato da Alfonso d’Aragona con la lunga scala in piperno, proprio perché ormai quella di san Domenico era diventata una delle piazze più rappresentative della città.
Soffitto cassettonato
Intorno la metà del ‘600 vengono attuati importanti interventi di ammodernamento all’interno del complesso, molti di questi sono ad opera del priore fra’ Tommaso Ruffo di Bagnara che rifà il refettorio, il capitolo, il chiostro superiore e il dormitorio di san Tommaso. Gli elementi gotici vengono mascherati da grandi apparati di stucco, vengono eliminate le strutture lignee e viene realizzato il soffitto cassettonato. Nella prima metà del ‘700 si ricordano gli interventi di Domenico Antonio Vaccaro che riguardarono il pavimento della chiesa e la creazione delle balaustre delle cappelle. Nel 1809 con decreto di Murat i Domenicani dovettero lasciare il complesso, l’intero complesso divenne caserma e fu così dispersa una tra le più importanti biblioteche d’Italia. Appena dopo l’unificazione italiana, il complesso subì ulteriori devastazioni per le diverse destinazioni d’uso: dagli istituti scolastici al banco lotto, dalla Corte d’Assise a palestra.
Affreschi del Cavallini
La basilica è ricchissima di opere d’arte accumulatesi nei secoli per volontà dei prestigiosi committenti appartenenti alle più nobili famiglie napoletane. Ad esempio la famiglia de’ Franchis commissionò a Caravaggio la celeberrima Flagellazione che si trovava nella cappella de Rosario e oggi conservata per motivi di sicurezza nel Museo Nazionale di Capodimonte. Oggi al suo posto si trova una buona copia attribuita ad Andrea Vaccaro. Nella cappella successiva dedicata all’Immacolata, la tela dell’altare è assegnabile all’ultimo periodo di produzione di Filippo Vitale e racchiude al centro un affresco del pittore napoletano di formazione giottesca Roberto d’Oderisio. Tra le cappelle merita sicuramente una menzione la cappella Brancaccio interamente affrescata da Pietro Cavallini. Il cappellone del Crocifisso invece per la sua ampiezza costituisce un organismo architettonico a sé, dotato a sua volta di cappelle. All’altare maggiore è collocata una riproduzione del Crocifisso tra la Vergine e San Giovanni dipinto su tavola della fine del XIII secolo, noto per l’episodio narrato dall’agiografia di san Tommaso d’Acquino che ricorda come il Cristo dipinto avesse parlato al santo, solito pregare davanti la tavola. All’interno della chiesa sono tantissimi i capolavori anche nel campo della scultura, dove spiccano i nomi di Tommaso Malvito, Giovanni da Nola, Girolamo d’Auria. Molto importante per l’eleganza degli ambienti del primo Settecento, è la sacrestia, con la volta affrescata da Francesco Solimena nel 1709. Lungo il ballatoio sono conservate le sontuose arche sepolcrali appartenenti ai Re e dignitari di corte aragonesi. Dalla sacrestia si accede attraverso una bella porta lignea intagliata alla Sala del Tesoro dove sono conservati alcuni arredi sacri del XVII e del XVIII secolo.
Categoria: chiese