GIOACCHINO MURAT
GIOACCHINO MURAT
Gioacchino Murat
La personalità di Gioacchino Murat è quella di un uomo ambizioso. Aveva fatto valere le sue qualità di soldato durante gli anni della rivoluzione accrescendo il suo prestigio fino a sposare la sorella di Napoleone, Carolina Bonaparte. I rapporti tra Murat e Napoleone si svolsero sempre su un precario equilibrio, soprattutto veniva mal digerita la subordinazione che veniva chiesta a Murat da parte dell'illustre cognato. Fu proprio per volere di Napoleone che Gioacchino divenne re di Napoli il 15 luglio del 1808. Una designazione che Murat non accolse favorevolmente. Quando però il suo ingresso nella capitale, avvenuto il 6 settembre del 1808, venne accolto da una folla plaudente, risvegliò in lui gli ideali della rivoluzione che Napoleone aveva dimenticato. Murat prima di Napoleone aveva capito quanto fosse importante l'indipendenza degli Stati, prima di tutti aveva coltivato l'idea di un'Italia unita. Le azioni principali riguardarono misure a sostegno dell’industria, dell’agricoltura e alla sicurezza interna del paese. La preoccupazione maggiore veniva dalle finanze, in quanto le entrate del regno erano assorbite in gran parte dalle spese militari. L'economia fu uno dei tanti attriti con Napoleone. Il blocco continentale che quest'ultimo aveva imposto per soffocare l'Inghilterra danneggiava anche il commercio napoletano, subordinando l'economia del regno agli interessi della Francia. Murat allora cercò di stipulare accordi commerciali coi paesi neutrali cercando di proteggere le industrie del regno.
Orto Botanico
Cure particolari furono dedicate alla capitale, abbellita di strade, piazze ed edifici. Appartengono al decennio francese, solo per citare alcuni esempi, la realizzazione del ponte della Sanità e della relativa strada per raggiungere più facilmente la collina di Capodimonte, la creazione dell'Orto Botanico e la realizzazione dell'Osservatorio Astronomico. La conquista francese del regno di Napoli fu assai difficoltosa, e stabilitosi sul trono, Murat concesse l’amnistia ai disertori, permise il rientro dei sudditi esiliati e tolse il sequestro dei beni di coloro che avevano seguito i Borbone in Sicilia. La sicurezza passò anche per la riforma della Gendarmeria e l’organizzazione di un esercito nazionale con la coscrizione obbligatoria. Murat sperò di fare dell’esercito uno strumento di politica personale e di indipendenza nazionale, anche nei confronti di Napoleone. S’ingrandirono le fabbriche d’armi a Napoli e a Torre Annunziata. Si curarono le scuole militari, innanzitutto la Nunziatella a Napoli, riordinata nel 1806 e potenziata nel 1811 con l’istituzione della Scuola politecnica.
Osservatorio Astronomico
L'azione riformatrice investiva in maniera capillare tutti i campi della vita sociale non senza traumi. La soppressione degli ordini religiosi, per esempio, fece venire meno il supporto a tantissima povera gente. C'era inoltre un malcontento diffuso verso le preferenze date ai francesi negli incarichi che la nuova amministrazione andava delineando. Anche se nel riformismo murattiano non mancavano ministri e intellettuali meridionali di grandissimo spessore come Giueppe Zurlo che era a capo del dicastero-chiave dell'Interno, Francesco Ricciardi alla Giustizia, senza dimenticare Pietro Colletta direttore del Corpo degli ingegneri di Ponti e Strade. La divisione delle funzioni dello Stato fu l’azione riformatrice più importante: amministrazione civile, amministrativa e giudiziaria furono separate e dipesero da distinti dicasteri. Furono regolati anche i rapporti tra potere centrale e periferia con un nuovo assetto amministrativo. Molto importante inoltre furono le leggi che abolivano la feudalità e la divisione dei demani. Il demanio feudale, sul quale i cittadini esercitavano gli usi civici, spettò in parte ai baroni, mentre il rimanente era assegnato ai comuni e doveva essere distribuito ai comuni più poveri. Il decennio francese, tra luci e ombre, fu molto complesso e va letto in un’ottica di cambiamento che stava riguardando tutta l’Europa. Secondo Benedetto Croce questo decennio si concluse con un bilancio favorevole, “…e si visse allora uno di quei periodi felici, in cui ciò che prima sembrava aspro di difficoltà si fa piano ed agevole, l’impossibile o lontanissimo diventa possibile e presente, cose che pare non possano ottenersi se non col poco sperabile accordo di molteplici e diverse volontà si compiono coll’assenso di tutti, al cenno di uno solo:e in questo rinnovamento di ogni parte della vita sociale si procedé nondimeno con una sorta di temperanza…che è segno della maturità e durevolezza delle cose che vengono in atto.”