GIOACCHINO ROSSINI E IL SUO PERIODO NAPOLETANO 1815 - 1822. PRIMA "STRANIERO" E POI ARTISTA ACCALMATO IN TUTTA EUROPA
GIOACCHINO ROSSINI E IL SUO PERIODO NAPOLETANO 1815 - 1822. PRIMA "STRANIERO" E POI ARTISTA ACCALMATO IN TUTTA EUROPA
Gioacchino Rossini, giovane
Il giovane Gioacchino Rossini (Pesaro 29 febbraio 1792 - Passy 13 novembre 1868) arrivò a Napoli nel 1815, quando aveva 23 anni, ed era preceduto già da una reputazione importante grazie ad opere come Tancredi e L’italiana in Algeri. Napoli stava vivendo il passaggio dal decennio francese alla restaurazione borbonica con il ritorno di Ferdinando I re delle Due Sicilie. L’accoglienza da parte della stampa partenopea però fu al quanto fredda, si legge infatti sul Giornale delle Due Sicilie del 25 settembre 1815: “…ed infine un tal Signor Rossini, maestro di cappella, che si dice venuto per dare una sua Elisabetta regina d’Inghilterra su questo stesso Teatro S. Carlo che risuona ancora dei melodiosi accenti della Medea e della Cora dell’egregio Signor Mayr”. La causa forse è da ricercare nell’origine “straniera” del musicista, non appartenente per formazione all’area della Capitale. Rossini nasce a Pesaro, il 29 febbraio del 1792. La formazione musicale avviene a Bologna dove apprende le tecniche del canto e della composizione. È proprio nell’area emiliana- romagnola che avvengono le prime esibizioni come maestro di cembalo e anche come cantante. Qualche anno dopo cominceranno le sue esibizioni con alterne fortune anche alla Scala di Milano e a Venezia nel Teatro La Fenice.
Palazzo Barbaja, residenza di Rossini 1815-1822
Il nome di Rossini a Napoli si lega a quello dell’impresario Domenico Barbaja, anche se non si conoscono le circostanze esatte che portano il compositore nella Capitale. Barbaja è di origine lombarde, che traferitosi a Napoli si distingue per le sue abilità come impresario teatrale tanto da accattivarsi le simpatie di Ferdinando I. Dumas nel “Corricolo” ce lo descrive come un “genio davvero straordinario e istintivo che non aveva mai saputo scrivere una lettera o decifrare una nota musicale”. Sempre Dumas ci racconta l’aneddoto secondo il quale quando i due si incontrano, Barbaja si offre di ospitarlo a casa sua (Palazzo Barbaja si trova in via Toledo 205 con ingresso frontale alla funicolare centrale) con la richiesta però che il compositore scrivesse un’opera per lui e il suo teatro. Rossini accettò ma dopo sei mesi l’impresario non vedendo esaudita la sua richiesta, chiude in camera il compositore senza che questo possa uscire da palazzo. La sera stessa fu consegnata a Barbaja l’ Ouverture dell’Otello. A Napoli all’interno dell’impresa Barbaja, Rossini ricoprì varie mansioni tra cui quella di direttore e compositore dei Reali Teatri. L’esperienza napoletana fu per Rossini una delle stagioni più felici della sua creatività e questo anche grazie al clima culturale estremamente vivace che si respirava in città ad inizio Ottocento. Al Teatro S. Carlo il compositore può avvalersi di cantanti di grandissimo rilievo (tra cui Isabella Colbran), un’orchestra considerata tra le migliori nel panorama europeo e uno scenografo come Antonio Niccolini. Lo scetticismo con cui viene accolto, sarà subito ribaltato con il successo registrato la sera del 4 ottobre del 1815 per la prima di Elisabetta al S. Carlo che gli valse la scrittura per la nuova stagione teatrale.
Teatro San Carlo, facciata
Il 13 febbraio del 1816 il Teatro S. Carlo fu distrutto da un incendio e la programmazione prevista fu dirottata al Teatro del Fondo (ora Teatro Mercadante) per il quale Rossini compone Otello ossia Il moro di Venezia. Il 12 gennaio del 1817, nemmeno un anno dopo l’incendio, grazie al lavoro di Antonio Niccolini riapre il S. Carlo. Nel giorno di apertura, durante il suo Viaggio in Italia, si trovò a Napoli anche Stendhal, il quale assistendo all'inaugurazione del teatro, disse: «Non c'è nulla, in tutta Europa, che non dico si avvicini a questo teatro, ma ne dia la più pallida idea. Questa sala, ricostruita in trecento giorni, è un colpo di Stato. Essa garantisce al re, meglio della legge più perfetta, il favore popolare… Chi volesse farsi lapidare, non avrebbe che da trovarvi un difetto. Appena parlate di Ferdinando, vi dicono: ha ricostruito il San Carlo !» Rossini poterà qui in scena Armida nel 1817, Mosè in Egitto e Riccardo e Zoraide nel 1818, Ermione nel 1819 e Zelmira nel 1822. Durante la permanenza a Napoli Rossini ha l’opportunità di cimentarsi anche sulle scene di altri teatri italiani, in particolare a Roma e Milano. A Roma, per il teatro Argentina compone Il Barbiere di Siviglia nel 1816. Nello stesso anno sarà rappresentato anche a Napoli. Il 5 gennaio del 1822 segna la fine dell’impegno napoletano di Gioacchino Rossini. “Il Giornale delle Due Sicilie” , che inizialmente lo aveva accolto senza entusiasmo, ora saluta commosso il compositore che sta “per abbandonare le nostre contrade. Nella dimora di sei anni qui in Napoli in qualità di direttore e compositore dei Reali Teatri” compone tantissime opere, “di cui una sola sarebbe bastata per consacrare nel tempio dell’immortalità il suo nome”. Il maestrino ventitreenne giunto da Pesaro quasi debuttante al primo teatro d’Europa, era ormai un ricordo. Rossini ebbe bisogno di una piazza come Napoli per la definitiva consacrazione. Da quel momento il compositore intraprende il suo viaggio europeo, mietendo il dovuto e meritato successo, conquistato prevalentemente sulle scene partenopee. Tra le tappe principali ci saranno Vienna, Londra e Parigi. Tantissimi sono gli aneddoti che riguardano Rossini che ormai è diventato un personaggio “alla moda”: gli piacevano la cucina (in particolare maccheroni e sorbetti), le donne, il clima, il cosmopolitismo della metropoli. Il 22 marzo Rossini sposa Isabella Colbran. Il contralto e soprano spagnolo lasciò definitivamente le scene l’anno successivo al matrimonio; si dice che fosse stata, precedentemente, l’amante di Barbaja.