DONNAREGINA VECCHIA, UN GIOIELLO GOTICO DOVE E' POSSIBILE AMMIRARE IL PIÙ GRANDE CICLO DI AFFRESCHI TRECENTESCHI PRESENTE A NAPOLI
DONNAREGINA VECCHIA, UN GIOIELLO GOTICO DOVE E' POSSIBILE AMMIRARE IL PIÙ GRANDE CICLO DI AFFRESCHI TRECENTESCHI PRESENTE A NAPOLI
Visitare il centro storico di Napoli significa imbattersi in innumerevoli gioielli storico - artistici. La chiesa di Donnaregina Vecchia è una di questi. A rendere più prezioso il tour, bisogna considerare che la chiesa si trova nei pressi di via Duomo che è conosciuta anche come la via dei musei (ce ne sono ben 7 lungo il percorso). La prima testimonianza documentaria della chiesa di Santa Maria Donnaregina risale al 780; il convento, che si trovava in prossimità della cinta muraria, era occupato da suore che seguivano l'ordine basiliano. In seguito al gravissimo terremoto del 1293, la regina Maria d'Ungheria, moglie di Carlo II d'Angiò re di Napoli, volle finanziarie la costruzione di un nuovo monastero. La sovrana amava a tal punto il convento che alla sua morte decise di essere seppellita al suo interno lasciando alle monache cospicue donazioni. Nel XVII secolo, le suore di Donnaregina decisero di costruire ex novo una chiesa più consona al gusto del tempo, annessa e comunicante con quella trecentesca. La chiesa barocca era ricchissima ed imponenete ma stretta tra vicoli e soffocata da abitazioni; intorno alla metà del Seicento si decise di demolirle per fare posto all'attuale piazza di fronte al Palazzo Arcivescovile. Nel 1861 con la soppressione del monastero le suore si trasferirono presso i conventi di Santa Chiara e Santa Maria Donnalbina. Nel 1862 fu così nuovamente possibile entrare nella vecchia chiesa, zona di clausura per oltre due secoli e dimenticata da tutti, ed ammirare l'importante ciclo di affreschi. La chiesa così come la vediamo oggi è il frutto del restauro operato tra il 1928-1934 dal soprintendente Gino Chierici. Il restauro da un lato ci restituisce uno dei più affascinanti monumenti gotici della città, dall'altro ha comportato la separazione del convento in due strutture, la chiesa “vecchia” e quella “nuova” che storicamente non ha mai avuto motivo di esistere.
Tomba di Maria d'Ungheria
L'accesso alla chiesa vecchia, avviene attraverso un portale datato 1771, attraverso il quale si accede ad un piccolo ed armonico chiostrino settecentesco, ricco di marmi policromi. La zona inferiore della chiesa era l'unica accessibile ai fedeli; su di essa si affaccia il coro dal quale le monache assistevano alle funzioni religiose. La regina Maria che sostenne e finanziò il monastero, era la figlia di Stefano IV re d'Ungheria; appena diciasettenenne andò in moglie a Carlo d'Angiò re di Napoli. Mentre il re fu protettore magnanimo dei domenicani, la regina mantenne un legame costante con l'ordine francescano ( essa tra l'altro era madre di San Ludovico da Tolosa, che rinunciò al trono di Napoli per prendere gli ordini francescani). Tre anni dopo la sua morte, avvenuta nel 1323, le sue spoglie trovarono degna sepoltura nel monumento, opera dello scultore senese Tino da Camaino, dove si apprezza lo straordinario equilibrio tra architettura e scultura. Entrando nel coro delle monache si possono ammirare da vicino gli affreschi della chiesa, il più vasto ciclo trecentesco oggi superstite a Napoli. I primi ad essere eseguiti furono gli affreschi della navata che raffigurano Coppie di personaggi del nuovo e del vecchio testamento, ad essi seguirono quelli della controfacciata col Giudizio Finale, poi quelli sulle pareti laterali con Storie della Passione e Storie di Sant'Agnese e Sant'Elisabetta.